Racconti e immagini di chiunque sia fuori dallo stagno. Mandare il materiale a cappellaiamattamatta@libero.it anche in anonimo_
Lettori fissi
domenica 24 giugno 2012
Paradiso, Inferno o Purgatorio?
A volte stai così male da sentirti infilzato da pezzi di specchio acuminati; sanguini e non sai come siano finiti lì dentro come frecce scagliate da qualcuno con violenta cattiveria.
Altre volte stai talmente bene da veder riflessa per caso la tua immagine bellissima (anche se bella non lo è) dentro quei pezzi specchio improvvisamente ricomposti in un nuovo ovale liscio e immacolato mai rotto.
Questi due estremi (pensi), fanno parte della vita, ed è lì dentro che ti senti vivo, nel bene e nel male.
Molto peggio sono quelle vie di mezzo, istanti che durano da un minuto all'intera tua esistenza. E se provi a darti un pizzico sul braccio, ti accorgerai di averlo fatto solo quando per caso vedrai quel livido verde-blu.
Qualcuno deve aver inventato, dolore, felicità e amore, ma ha lasciato il lavoro a metà.
E tu di questo devi prenderne atto.
Pensa con la testa o con i piedi, in ogni caso,
buona scelta.
domenica 17 giugno 2012
La luce dentro il dolore, un racconto banale
Quel pianto disperato in ascensore: una figlia aggrappata alle braccia di una madre, mi fece svegliare dal torpore.
Il mio dolore era stato così lancinante da essersi addormentato nel corso di quei mesi. Quasi come fosse sparito, la mia mente non voleva accettare quello che stava accadendo. In fondo, pensai, non mi sono mai sciolta in un pianto così; per fare la forte davanti agli occhi dei miei cari. Ma essere forti non significa non piangere (che banalità), ... essere forti a volte può voler dire piangere davanti a un mucchio di gente come avvoltoi.
Ad ogni modo misi una mano sulla spalla di quella ragazza e dentro cominciai a piangere anche io, lei si girò, mi guardò come a voler dire: lasciami in pace, non lo vedi che sto soffrendo? Certo che lo sento, le risposi togliendo via la mano e uscendo dall'ascensore più forte e debole al tempo stesso di prima. C'ero dentro in quel dolore e pensai che da qualche parte dovevo pure uscire così come ero entrata.
Ma dov'era l'uscita?
dov'era l'uscita?
dov'era l'uscita?
Qualcuno mi aveva detto che quando soffri in questo modo, se guardi bene, riesci a intravedere una luce da qualche parte, quello che dovevo fare era cercarla...
(Dipinto di Munch)
Primo Amore
"Pensai che quel sonno sarebbe stato il migliore della mia vita. Il punto più alto, il culmine dei sentimenti Kyuera quello, poichè un giorno sarebbero cambiati ancora. Ma lo aveva detto. Ero felice. In quell'istante il mio primo amore aveva cominciato a volermi bene più che a chiuque altro. Chiusi gli occhi, e ascoltai il suono del vento confondersi con la musica. Chiedevo al tempo che si fermasse. Avevo paura di provare dolore al risveglio, che Kyu, stanco di guidare, non sentisse più nulla di tutto ciò, e che ad attendermi non ci fosse altro che la mia triste realtà...
Ma no, non sarebbe andata così.
Lo avevo capito perfettamente.
Avrei continuato per sempre a cercare piccoli miracoli come quello.
Era la mia battaglia, era la mia stessa vita."
Banana Yoshimoto
giovedì 7 giugno 2012
Storia di Andrea e Stella
Lacrime profumate color crema colavano giù dai rubinetti di una lavanderia a gettoni. Andrea le ammirava attraverso il vetro anti proiettili e si sentiva pulito e piangente anche lui.
Poi di notte luci psichedeliche ricoprivano la pelle di ragazzi, mentre la strobo trasformava i loro goffi movimenti in robotiche andature, disegni nello spazio colorato.
Andrea li osservava tutti da dietro le spesse lenti, le amava, le amava tutte quelle figure e amava in particolare una ragazza, la più brutta, Stella. Lei non ricambiava il suo ardore, forse per via dell'acne e degli occhiali che coprivano occhiaie di notti mai dormite.
Sono passati dieci anni e oggi Stella piange; Andrea l'ha lasciata, non ha più l'acne e non ha mai smesso di piangere per lei.
Perché?
Poi di notte luci psichedeliche ricoprivano la pelle di ragazzi, mentre la strobo trasformava i loro goffi movimenti in robotiche andature, disegni nello spazio colorato.
Andrea li osservava tutti da dietro le spesse lenti, le amava, le amava tutte quelle figure e amava in particolare una ragazza, la più brutta, Stella. Lei non ricambiava il suo ardore, forse per via dell'acne e degli occhiali che coprivano occhiaie di notti mai dormite.
Sono passati dieci anni e oggi Stella piange; Andrea l'ha lasciata, non ha più l'acne e non ha mai smesso di piangere per lei.
Perché?
martedì 5 giugno 2012
Quanto costano i tuoi desideri?
Soffici Carlotte dalle mutandine sorrette col filo interdentale e le mammelle rifatte come le labbra (una sì e una no) stanno dietro scrivanie virtuali a spillare soldi - quei pochi rimasti - , nome e cognome di gente che ancora un pizzico di integrità, anima e dignità ancora ce l'ha.
Dopo essersi fatte tagliare coi denti il filo interdentale dal capo di turno per avere in cambio un gradino di più, tornano dietro le loro virtuali scrivanie e continuano il proprio lavoro, o meglio quello che loro, dolci cervelli spenti, chiamo in codesta maniera.
Io non lo so come vanno vestite oltre al filo interdentale, quello che so è che non sanno parlare, scrivere, camminare, vivere e soprattutto lavorare come facevano gli antichi.
Mi chiama una tizia proponendomi un contratto gratuito per promuovere la marca del mio filo interdentale - eh già, non ve l'ho detto, io faccio quello di mestiere - , formulo qualche domanda del tipo, ma quanti soldi volete, che durata avrà la mia visibilità, potete rispondermi con più tempestività la prossima volta, visto che ormai i tablet telefono li tirano in testa, piovono dal cielo come pioggia e se vuoi puoi anche taroccare la data del tuo compleanno e cambiare fidanzato grazie ai social network e alle web cam? La tipa che non vedo e di cui sento un timbro di voce sempre più flebile arranca e ad un certo punto si blocca fino a non rispondere più. Penso e chiedo: è caduta la linea? No, risponde lei, sono ancora qui, mi scusi mi era caduto il fazzoletto dal taschino, ho dovuto raccoglierlo.
Vabbè faccio io, allora adesso che se l'è infilato dentro la tasca, può rispondermi? La Carlotta in questione mi dice che mi manderà via e-mail il contratto gratuito.
Mi scusi, insisto io, ma non può spiegarmi così su due piedi una volta che siamo in contatto telefonico, come funziona la cosa? Lei resta di nuovo zitta, io penso sia caduta la linea e dico, hei, c'è nessuno dall'altra parte?
la tizia mi fa, si mi perdoni, ehm sono qui, cioè è appena entrata nella stanza una mia collega, cioè ecco mi sono distratta, cioè, ehm, ecco... Ok ok, ho capito faccio io con le staffe perse di quà e di là, allora mi risponde sì o no?
Dovrei parlarne con la titolare, fa lei. Ah, non pensavo fosse un negozio il vostro ribatto io.
Lei per poco non si mette a piangere, devo averle fatto saltare il filo interdentale che aveva preparato per il capo della titolare.
Ritrovo le staffe e penso che in fondo è una povera anima sperduta in un mare di "nulla" capeggiato da nullità e decido di non pressarla più così forte.
Le dico, d'accordo aspetto quella e-mail, grazie, buongiorno. Click.
Tornata a casa (a me di tavolette telefoniche dal cielo non me ne sono piovute ancora), apro quell'e-mail e scopro il trucco. Il contratto gratuito è valido solo per i primi tre mesi, il resto si paga fior di quattrini.
Riprendo le staffe finite sull'armadio, le altre altre che avevo lasciato in cantina e me lego al collo, alle gambe, alle braccia con nodi ben saldi.
E penso: ma non era meglio vivere in paradiso e soprattutto, quanto costano i tuoi desideri?
Dopo essersi fatte tagliare coi denti il filo interdentale dal capo di turno per avere in cambio un gradino di più, tornano dietro le loro virtuali scrivanie e continuano il proprio lavoro, o meglio quello che loro, dolci cervelli spenti, chiamo in codesta maniera.
Io non lo so come vanno vestite oltre al filo interdentale, quello che so è che non sanno parlare, scrivere, camminare, vivere e soprattutto lavorare come facevano gli antichi.
Mi chiama una tizia proponendomi un contratto gratuito per promuovere la marca del mio filo interdentale - eh già, non ve l'ho detto, io faccio quello di mestiere - , formulo qualche domanda del tipo, ma quanti soldi volete, che durata avrà la mia visibilità, potete rispondermi con più tempestività la prossima volta, visto che ormai i tablet telefono li tirano in testa, piovono dal cielo come pioggia e se vuoi puoi anche taroccare la data del tuo compleanno e cambiare fidanzato grazie ai social network e alle web cam? La tipa che non vedo e di cui sento un timbro di voce sempre più flebile arranca e ad un certo punto si blocca fino a non rispondere più. Penso e chiedo: è caduta la linea? No, risponde lei, sono ancora qui, mi scusi mi era caduto il fazzoletto dal taschino, ho dovuto raccoglierlo.
Vabbè faccio io, allora adesso che se l'è infilato dentro la tasca, può rispondermi? La Carlotta in questione mi dice che mi manderà via e-mail il contratto gratuito.
Mi scusi, insisto io, ma non può spiegarmi così su due piedi una volta che siamo in contatto telefonico, come funziona la cosa? Lei resta di nuovo zitta, io penso sia caduta la linea e dico, hei, c'è nessuno dall'altra parte?
la tizia mi fa, si mi perdoni, ehm sono qui, cioè è appena entrata nella stanza una mia collega, cioè ecco mi sono distratta, cioè, ehm, ecco... Ok ok, ho capito faccio io con le staffe perse di quà e di là, allora mi risponde sì o no?
Dovrei parlarne con la titolare, fa lei. Ah, non pensavo fosse un negozio il vostro ribatto io.
Lei per poco non si mette a piangere, devo averle fatto saltare il filo interdentale che aveva preparato per il capo della titolare.
Ritrovo le staffe e penso che in fondo è una povera anima sperduta in un mare di "nulla" capeggiato da nullità e decido di non pressarla più così forte.
Le dico, d'accordo aspetto quella e-mail, grazie, buongiorno. Click.
Tornata a casa (a me di tavolette telefoniche dal cielo non me ne sono piovute ancora), apro quell'e-mail e scopro il trucco. Il contratto gratuito è valido solo per i primi tre mesi, il resto si paga fior di quattrini.
Riprendo le staffe finite sull'armadio, le altre altre che avevo lasciato in cantina e me lego al collo, alle gambe, alle braccia con nodi ben saldi.
E penso: ma non era meglio vivere in paradiso e soprattutto, quanto costano i tuoi desideri?
e tu, riesci a galleggiare?
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